Canto vedico
Samaveda
L’UNESCO ha proclamato la tradizione del canto vedico un capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità il 7 novembre 2008. Wayne Howard ha notato nella prefazione del suo libro, Veda Recitation in Varanasi, “I quattro Veda (Rig, Yajur, Sama e Atharva) non sono ‘libri’ nel senso usuale, anche se negli ultimi cento anni ogni veda è apparso in diverse edizioni stampate. Comprendono versi dall’accento tonale e melodie ipnotiche e astruse la cui corretta realizzazione richiede una trasmissione orale invece che visiva. Essi vengono privati della loro essenza quando vengono trasferiti su carta, perché senza l’elemento umano le innumerevoli sfumature e le fini intonazioni – componenti inseparabili e necessarie di tutte e quattro le compilazioni – vengono perse completamente. L’autorità ultima in materia vedica non è mai la pagina stampata ma piuttosto i pochi membri – che oggi mantengono vive le tradizioni secolari.”[2]
I canti vedici usano 4 toni – Udatta उदात्त (tono medio), Anudaatta अनुदात्त (tono inferiore), Svarita स्वरित (tono superiore) e Deergha Svarita दीर्घस्वरित (tono alto esteso). Questi sono solitamente marcati con segni svara intuitivi – una sottolineatura per il tono più basso, una piccola linea verticale sopra la lettera per un tono più alto e due linee verticali per Deergha Svarita.[3]
Rigveda
Sala circolare all’interno, quando la prima nota disegna, una lunga scultura in mezzo alle tombe, a sud profonda nicchia nella Hugeia (dea della salute), di fronte sculture Apollan a ovest lunga nicchia a muro nella Nemesi e osthotekler il nord nella sfinge con il muro di fronte alla statua femminile, a ovest nicchia all’interno della scultura acefala dea Atena posta su un piedistallo e muro costruito di fronte al Torsos; le pareti erano copulate con marmo
Ho pensato a volte che la storia della cecità di Omero potrebbe essere davvero un mito artistico, creato in tempi critici, e che serve a ricordarci, non solo che il grande poeta è sempre un veggente, che vede meno con gli occhi del corpo che con quelli dell’anima, ma che è anche un vero cantante, che costruisce la sua canzone dalla musica, ripetendo ogni linea più e più volte
Poiché i Veda, subito dopo questa genesi come manifestazione divina, non hanno più potuto essere modificati e sono stati tramandati al nostro tempo contemporaneo da famiglie di sacerdoti verbalmente in modo incredibilmente preciso, essi possono essere considerati, dopo che la loro datazione può essere considerata come fissata a
Gayatri mantra
I modi in cui i Nambudiris hanno conservato le loro recitazioni dei Veda, attraverso le loro tecniche mnemoniche uniche, sono riusciti a conservare una serie di caratteristiche distintive e antiche. Si tratta di una tradizione relativamente piccola, ma autosufficiente, in quanto non richiede sacerdoti officianti da altrove quando i rituali richiedono diversi tipi di sacerdoti.2
Nel 1999 il forum volontario senza scopo di lucro dei Nambudiris, con sede a Calicut (Kozhikode), ha lanciato il sito web: www.namboothiri.com. Il sito di 750 pagine, con l’obiettivo di documentare le tradizioni Nambudiri, è amministrato dal dottor P. Vinod Bhattathiripad4
Sono grato al dottor P. Vinod Bhattathiripad che ha letto la bozza di questo articolo e ha apportato diverse importanti correzioni. Sono anche felice di riconoscere a lui e agli altri organizzatori del 6° International Vedic Workshop (gennaio 2014, Kozhikode) e del tour culturale che ha seguito il workshop (www. ivw2014.org) l’opportunità di conoscere le tradizioni uniche dei Nambudiris.
Il Kerala è la regione di lingua malayalam nel sud-ovest dell’India, sulla costa del Malabar. I Ghats occidentali hanno formato una barriera naturale ai contatti con il resto dell’India e hanno creato le condizioni per sviluppare una cultura unica, che ha conservato molti elementi arcaici, pur sviluppando o adattando costumi e rituali a modo suo.
Canto d’amore vedico
L’UNESCO ha proclamato la tradizione del canto vedico un capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità il 7 novembre 2008. Wayne Howard ha notato nella prefazione del suo libro, Veda Recitation in Varanasi, “I quattro Veda (Rig, Yajur, Sama e Atharva) non sono ‘libri’ nel senso usuale, anche se negli ultimi cento anni ogni veda è apparso in diverse edizioni stampate. Comprendono versi dall’accento tonale e melodie ipnotiche e astruse la cui corretta realizzazione richiede una trasmissione orale invece che visiva. Essi vengono privati della loro essenza quando vengono trasferiti su carta, perché senza l’elemento umano le innumerevoli sfumature e le fini intonazioni – componenti inseparabili e necessarie di tutte e quattro le compilazioni – vengono perse completamente. L’autorità ultima in materia vedica non è mai la pagina stampata ma piuttosto i pochi membri – che oggi mantengono vive le tradizioni secolari.”[2]
I canti vedici usano 4 toni – Udatta उदात्त (tono medio), Anudaatta अनुदात्त (tono inferiore), Svarita स्वरित (tono superiore) e Deergha Svarita दीर्घस्वरित (tono alto esteso). Questi sono solitamente marcati con segni svara intuitivi – una sottolineatura per il tono più basso, una piccola linea verticale sopra la lettera per un tono più alto e due linee verticali per Deergha Svarita.[3]